venerdì 20 settembre 2013

MANCATA LIBERTA'

In questi giorni leggiamo su tutti i giornali titoli in cui si evidenziano le rivolte dei migranti “rinchiusi” dentro i lussuosi centri a “5 stelle” nella nostra cara terra siciliana.

Terra di accoglienza e di tolleranza

Terra in cui si “rinchiudono” dentro una palestra per più di un mese dei ragazzi senza dare delle direttive sulle future destinazioni.

Si perché ad oggi i ragazzi che sono approdati a Trapani i primi di agosto sono ancora dentro la palestra Buscaino adiancente al porto; con lentezza si provvede a spostarli (sempre senza un criterio ben preciso) e ancora ad oggi in questa palestra ci sono dei ragazzini molto giovani che ribadiamo probabilmente sono minorenni (questo è quello che continuano a sostenere con forza chiedendo anche di verificare che fine abbiano fatto i loro documenti che la polizia al loro arrivo ha sequestrato).
Probabilmente nei prossimi giorni si completerà il trasferimento dei migranti, ma tutto dipende dai ritimi degli sbarchi.


Terra di generosità ed ospitalità

Terra in cui donne in gravidanza e neonati restano rinchiusi nella tensostruttura di Porto Empedocle. Si infatti la struttura empedoclina con gli sbarchi avvenuti nella giornatà di mercoledì, ha riaperto i battenti ospitando circa 200 migranti tutti di origine siriana, eritrea e somala. In questa struttura gestita dalla protezione civile, ci sono cinque donne in gravidanza e due neonati; lo stato non è in grado di assicurare un’adeguata ospitalità alle persone vulnerabili e quindi a due giorni dall’approdo in terra siciliana le donne e i neonati sono ancora “ammassati” con gli altri uomini e donne arrivati in questi giorni.
Dopo neanche una giornata di permanenza i migranti hanno organizzato una protesta con conseguente fuga e circa 50 persone sono riuscite a scappare per poi essere riprese in parte e riportate nella tensostruttura del porto. Circa 20 migranti si sono dileguati.
Ad oggi non tutti sono stati identificati perché i migranti si rifiutano, non vogliono stare in Italia come tanti altri giovani italiani e siciliani che stanno scappando per andare al nord europa, ma loro non possono, non sono cittadini come noi.
Nel gruppo c’erano anche sei minori non accompagnati che sono stati trasferiti in alcune comunità della provincia agrigentina.
La tensione tra le forze dell’ordine e i migranti è alta, specialmente con i migranti che sono stati ripresi; ovviamente anche le donne in gravidanza, i neonati e i bambini arrivati con le proprie famiglie subiscono la tensione e le negatività di un luogo di accoglienza simile.
Lo stato di salute viene monitorato da un medico dell’ASP agrigentina che fa uno screening sommario all’arrivo, ma spesso e volentieri mancano le medicine di pronto soccorso, anti-infiammatori, antipiretici ecc.


Terra di passione e calore

Terra in cui la passione per la vita è talmente “sentita” che i medici dentro i centri di accoglienza usano incessantemente psicofarmaci, e le malattie e i disturbi psicologici sono sempre più presenti, e aumentano i casi di autolesionismo per avere la possibilità di uscire dai luoghi che privano la libertà di un indivuduo; fattore ancor più atroce e incomprensibile da parte dei migrnati(come denunciano alcuni ragazzi incontrati) è che spesso non sono informati del perchè si trovano dentro un CIE, dentro una palestra di fortuna o dentro una tensostruttura, devono essere le associazioni, i volontari ad informare della situazione paradossale europea ed italiana, nessuna brochure informativa nessun colloquio individuale, niente di niente. Quindi non resta altro che tagliarsi le vene, inghiottire lamette o pile ecc.
E visto che gli ospedali di Agrigento, Trapani o Caltanissetta (per restare nella parte occidentale dell’isola) non sono adeguati o preparati ad affrontare queste emergenze spesso vengono trasportati a Palermo per essere ricoverati; e dopo il ricovero ovviamente si cerca di scappare.
Come il caso di un ragazzo tunisino riuscito a fuggire da Caltanissetta e arrivato in un centro di volontari a Palermo per chiedere aiuto, e nonostante lo stato di salute molto precario (aveva inghiottito due batterie) non voleva andare al pronto soccorso per l’incubo che sarebbe stato riportato in un CIE.

E purtroppo non possiamo dargli torto - stare dentro un CIE è inferno;
così lo descrivono gli “ospiti”, ma noi siamo accogleinti e tolleranti…


Alberto Biondo per Borderline Sicilia