mercoledì 29 gennaio 2014

SOLO NUMERI .... NESSUN RISPETTO!

Agrigento da sempre luogo di “transito”, nel 2013 ci aveva lasciato con due notizie:
-    da una parte la procura della repubblica che nella conferenza stampa di fine hanno richiamava l’attenzione su una legge “razzista” sull’immigrazione che metteva (e continua) in seria difficoltà la procura con 16 mila migranti iscritti sul registro degli indagati per il reato di immigrazione clandestina, e che soprattutto auspicava un intervento del governo per cambiare la legge.
-    dall’altra la notte di san Silvestro ad Aragona un attentato contro i migranti ospiti nelle struttura della cittadina agrigentina che ha portato in ospedale con ferite più o meno gravi due migranti. 


Alla luce di questi fatti siamo tornati ad Agrigento per monitorare la situazione attuale e dopo vari incontri e visite abbiamo verificato che l’andazzo non è cambiato per niente, anzi si perpetua a trattare il fenomeno migratorio come un invasione -  emergenza, il che provoca grossi malumaori tra la popolazione che accoglie.
Infatti abbiamo appurato che ad Aragona il gesto nasce da un razzismo latente che viene fuori in tutta la sua violenza quando come in questo periodo la gente è costretta a fare i conti con mancanza di lavoro e difficoltà ad arrivare alla fine del mese.
Per fare un esempio appunto ad Aragona ci sono due strutture di accoglienza in cui sono “ospitati” 48 uomini la maggior parte provenienti dall’Eritrea e dalla Nigeria.
Le persone incontrate per strada ci raccontano che da quando ci sono i “nivuri” in giro i furti nelle abitazioni sono aumentati notevolmente, e che non c’è lavoro proprio perché lo stato deve “campare” i migranti.
Come abbiamo sempre sostenuto la campagna mediatica della mala politica è riuscita ad ottenere i risultati sperati, cioè creare il caprio espriatorio e nascondere le difficoltà ad intervenire in modo adeguato sui flussi migratori che non si fermeranno.
Così si continuerà anche nei prossimi mesi con l’emergenza, con i migranti che subiranno violenze e sopprusi e che non troveranno degna accoglienza in Sicilia e in Italia.

Per restare nel territorio agrigentino in questo momento la tensostruttura di Porto Empedocle è chiusa per lavori di ristrutturazione dopo le rivolte “sacrosante” e gli scioperi (anche a detta degli operatori).
La volontà da parte della prefettura è quella di aprire nuovamente la tensostruttura anche se la protezione civile più volte ha dichiarato che il luogo non è idoneo sia per una accoglienza che superi le 24 ore (in media i migranti vengono reclusi per uno, due mesi) e sia per i numeri che spesso si registrano dentro la strutture con punte anche di 400 presenze in totale promiscuita tra uomini donne e bambini, con soli 16 bagni spesso non tutti funzionanti.

Probabilmente la prefettura, proprio per le carenze della struttua empedoclina, aveva istituito un bando per la gestione del vecchio Hotel dei Pini come centro di accoglienza temporaneo, a cui non si è dato seguito perchè nel frattempo si è insediato il nuovo prefetto che ha preso tempo. (vedremo gli sviluppi)
Nel frattempo la prefettura ha siglato un accordo con la caritas di Agrigento per una struttura di accoglienza per 15 migranti.(al momento non ci sono migranti presenti) 

Intanto la situazione in città è sempre problematica per quanto riguarda i senza tetto di cui fanno parte molti migranti che sono fuori dai circuiti di accoglienza e che trovano ristoro durante il giorno nella struttura delle suore di Montaperto, ma durante la notte vagano o tra le panchine della città oppure occupano vecchi casolari appena fuori il centro.

La maggior parte dei ragazzi incontrati fuori dalla mensa ha affermato che tra l’Italia e la Libia o il Sudan non c’è nessuna differenza: "In Africa ci hanno torturato, umiliato, abbiamo visto le nostre donne violentate e ci siamo affidati ai trafficanti di morte per poter scappare; anche in Italia subiamo lo stesso trattamento, per fortuna ci sono persone buone che ci rispettano e ci prendono per mano e per un momento ci sentiamo VIVI, ma poi dobbiamo pensare cosa fare visto che l’Italia è come la Libia”.

E se la situazione per i “vivi” è drammatica, figuriamoci per i morti…



Abbiamo visitato il cimitero di Piano Gatta dove si trovano 85 salme della strage del 3 ottobre.
Le tombe intanto sono subito visibili perché ubicate nel vialone centrale del cimitero e sono le uniche che non sono state completate, ancora allo stato grezzo; le targhette riportano soltanto numeri e per i pochi familiari che sono riusciti a superare il muro di gomma fatto di segreti di stato e vergogne istituzionale, la possibilità di mettere qualche foto o qualche pupazzo (per i bambini); foto che con le intemperie invernali si sono ovviamente staccate dal muro (attaccate con dello nastro adesivo) e si trovavano per terra.


Nessuna targa per questi fratelli assassinati, nessun ricordo, solo numeri, sia da vivi che da morti (abbiamo rimesso le foto al proprio posto nella speranza che le istituzioni facciano il proprio dovere e mantengano le promesse).
E cosa pensare del trattamento riservato ai 7 eitrei superstiti rimasti per 101 giorni a Lampedusa, poi sballottati a Porto Empedocle quindi a Palermo al tribunale  e poi ancora a Pozzallo, soltanto pochi giorni fa dopo più di tre mesi dalla strage?

Solo numeri. Nessun rispetto.

Alberto Biondo 

Borderline Sicilia Onlus

Foto di Giovanna Vaccaro