giovedì 15 maggio 2014

Comiso, Contrada Canicarao: la via delle “succursali”

Martedì scorso abbiamo fatto tappa a Comiso per monitorare il centro SPRAR a Torre di Canicarao e
l’ex azienda “Don Pietro” da mesi ormai utilizzata come centro di accoglienza emergenziale. La strada dissestata di campagna che collega i due centri era un viavai di migranti di diverse origini, diversi trascorsi e probabilmente con destini diversi.
Torre di Canicarao – Succursale degli Sprar di Comiso e Ragusa.
Percorrendo contrada Canicarao ci s’imbatte in una splendida struttura settecentesca: Palazzo Trigona di Canicarao.
La struttura, di proprietà della Diocesi di Ragusa, è affidata alla Fondazione San Giovanni Battista che attualmente gestisce i progetti S.P.R.A.R “Famiglia Amica” a Ragusa - riservato ai nuclei familiari – e “Farsi Prossimo” a Comiso – riservato ai soggetti vulnerabili.
Anche se all’ingresso è ancora presente la targa “Agriturismo Torre di Canicarao”, dall’estate scorsa la struttura è utilizzata come succursale dei due progetti S.P.R.A.R sopracitati. Nel luglio del 2013, infatti, la Fondazione San Giovanni Battista dopo aver dato la propria disponibilità ad accogliere un numero maggiore di richiedenti protezione internazionale ha avviato l’accoglienza all’interno del locali di Palazzo Trigona. Da quanto riferitoci da un operatore della Cooperativa Sociale Rel-Azioni - che collabora nella gestione del progetto con la Fondazione San Giovanni Battista – il centro ha accolto 53 richiedenti asilo, di cui 9 provenienti dal CARA di Mineo e 44 direttamente dai centri di prima accoglienza.
In questo momento nel centro sono rimasti solo 15 ospiti di cui 9 hanno ritirato i documenti il giorno
stesso della nostra visita. Molti hanno ottenuto la protezione umanitaria mentre solo a qualcuno è stata riconosciuta la protezione sussidiaria. Durante la visita della struttura abbiamo appreso che la Cooperativa Rel-Azioni si è occupata in particolare di: alfabetizzazione, accompagnamenti in questura e supporto sanitario, grazie anche alla collaborazione di un medico volontario, e mediazione culturale. Abbiamo visitato i locali dell’edificio, antichi e naturalmente umidi ma in buono stato e le camere degli ospiti che, dato il precedente utilizzo quale struttura ricettiva, sono ampie e soprattutto dotate di un adeguato numero di bagni.
Altrettanto ampio è il refettorio dove abbiamo incontrato la cuoca e un’operatrice impegnata nella pulizia dei locali. Inoltre ci hanno mostrato una stanza in cui agli ospiti è stato concesso di allestire una piccola moschea.
Le condizioni strutturali del centro appaiono in sintesi adeguate ed idonee ad un’accoglienza più che dignitosa degli ospiti. La nostra “guida” ci ha raccontato che in questo momento attendono il finanziamento per dare via ai nuovi progetti della rete SPRAR per il triennio 2014-2016. In cantiere c’è l’idea di ristrutturare le vecchie stalle adiacenti al Palazzo Trigona per realizzare delle camere e soprattutto una cucina comune dove gli ospiti potranno cucinare autonomamente per soddisfare al meglio le proprie esigenze superando così l’inutile e spesso controproducente approccio assistenzialista.
Proprio in merito al finanziamento dei progetti SPRAR è emerso però un particolare degno di nota. L’operatore che ci ha ricevuto e accompagnato nella visita dell’intera struttura ci ha confermato, in sostanza, quanto avevamo appreso il mese scorso direttamente dai migranti ospiti del centro. Quest’ultimi ci avevano segnalato che tutte le attività nonché la distribuzione del pocket money erano state sospese nel dicembre del 2013 e che da quel momento in poi l’accoglienza si era limitata quasi esclusivamente al vitto e all’alloggio.

La causa di tutto ciò sarebbe legata alla convenzione scaduta a dicembre: la copertura dei costi per l’accoglienza dei 53 ospiti era assicurata solo per gli ultimi sei mesi del 2013. Quando abbiamo chiesto con quali fondi è continuata l’accoglienza l’operatore della coop. Relazioni ci ha invitato a parlarne con la Fondazione. E lo abbiamo fatto, anche se l’incontro nel cortile del centro è stato a dir poco fugace oltre che fortuito. All’operatore della Fondazione abbiamo chiesto se il centro fosse realmente parte del circuito SPRAR piuttosto che un centro di accoglienza straordinario attivato in accordo con la prefettura. La risposta è arrivata netta: “dipendiamo direttamente dal ministero e dal Servizio Centrale”. Sollecitato sulla questione fondi, di cui sopra, e relativo ridimensionamento delle condizioni di accoglienza non abbiamo ottenuto alcuna risposta se non un invito a rivolgerci ai responsabili della Fondazione San Giovanni Battista.


Ex- Azienda Don Pietro – campo di accoglienza emergenziale
Lasciandoci alle spalle Torre di Canicarao abbiamo percorso soltanto un paio di chilometri e siamo arrivati all’ex azienda “Don Pietro” trasformata in centro di accoglienza straordinaria e non solo.

Il ricorso a tale struttura è abbastanza recente, marzo 2014, e legato all’incremento degli arrivi al Porto di Pozzallo e relativo sovraffollamento del centro di accoglienza. Aperto e chiuso all’occorrenza tale struttura viene, di fatto, utilizzato come una succursale del CPSA di Pozzallo, infatti, vi prestano servizio oltre ai volontari della protezione civile gli operatori della Cooperativa San Domenico Savio che gestisce il centro pozzallese.

Al momento della nostra visita erano ben 357 le persone accolte, di cui 190 siriani appena trasferiti direttamente dal porto di Pozzallo. Con loro abbiamo parlato – all’esterno del centro non essendo autorizzati all’ingresso - fornendo principalmente indicazioni per raggiungere il centro di Comiso e diffidandoli dal ricorrere a “passaggi” offerti da taxisti improvvisati e molto salati. Molti di loro si sono “allontanati” per proseguire il loro difficile e lungo viaggio verso il Nord Europa.

Al centro, però, abbiamo incontrato anche molti ragazzi provenienti dal Gambia, Ghana, Senegal e Nigeria. Alcuni di loro ci hanno raccontato di esser stati trasferiti a Comiso dopo aver trascorso più di un mese al CPSA di Pozzallo.
Tale circostanza è inaccettabile. Innanzitutto il centro in questione non possiede alcuno status giuridico definito e il suo utilizzo, fino ad oggi, era giustificato dalla nota carenza di posti disponibili per la prima accoglienza dei migranti in attesa di trasferimento presso strutture idonee. Ora invece vengono addirittura disposti trasferimenti verso tale struttura da centri governativi come il CPSA di Pozzallo. L’ennesima testimonianza di un sistema di accoglienza in frantumi.


Elio Tozzi,
Borderline Sicilia