giovedì 4 settembre 2014

Intervista alla responsabile di accoglienza per migranti della Caritas di Palermo

Abbiamo integrato le informazioni di cui già eravamo in possesso (http://siciliamigranti.blogspot.it/2014/08/cas-e-caritas-palermo.html e http://siciliamigranti.blogspot.it/2014/08/la-primissima-accoglienza-della-caritas.html) con un intervista a Nadia Sabatino, la responsabile dei centri di accoglienza per migranti Caritas. Speriamo così di poter offrire un resoconto più completo del ruolo che la Caritas riveste nell’accoglienza straordinaria dei richiedenti asilo a Palermo.
Dopo una lunga esperienza di assistenza del prossimo in difficoltà, la Caritas di Palermo ha aperto le sue porte ai richiedenti asilo. Questa disponibilità nasce a gennaio 2014 con la convenzione stipulata con la Prefettura per l’apertura dei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS).

I CAS dovrebbero essere la struttura “ponte” in cui i richiedenti asilo trovano accoglienza dopo un paio di giorni dall’arrivo in Italia fino all’assegnazione in una struttura SPRAR. In realtà, molti richiedenti asilo hanno conosciuto e non conosceranno struttura d’accoglienza diversa dai CAS. Gli SPRAR non hanno posti a sufficienza, come mi spiega Nadia, così che molti ragazzi restano nei CAS fino al C3 o addirittura fino alla decisione della Commissione territoriale. I trasferimenti tanto attesi, nella maggior parte dei casi, sono fatti versi altri CAS e comunicati il giorno prima o un paio di giorni in anticipo al massimo.
La convenzione prevede che la Prefettura fornisca 30 € al giorno per ogni ospite. I migranti ricevono personalmente 2,50 € al giorno che, in base alla decisione del centro, vengono consegnati ogni dieci giorni o ogni due settimane. Il denaro versato alla struttura serve per assicurare agli ospiti vitto e alloggio, per pagare il personale (operatori, assistente sociale e mediatori) e per garantire l’igiene personale e ambientale. È previsto inoltre il servizio sanitario e l’informazione legale.

Nadia Sabatino si occupa dei rapporti con gli enti pubblici e della gestione generale dei CAS. Gli operatori si turnano durante il giorno e si occupano della vita quotidiana nei centri, dell’aspetto sanitario, dell’organizzazione della mediazione culturale, etc. È previsto il servizio di assistenti sociali, mediatori culturali e di personale addetto all’igiene ambientale. I centri si avvalgono anche dell’aiuto di volontari.
La Caritas sembra attenta alle attività offerte ai ragazzi, come lo dimostra la festa di qualche settimana fa in cui tutti i ragazzi dei diversi centri si sono ritrovati per mangiare e danzare. Alcuni ragazzi hanno la possibilità di allenarsi in una squadra di calcio. Resta in forse solo il corso di italiano, al momento sospeso e senza un futuro sicuro. L’incertezza d’altronde è la regola quando ci si affida alla disponibilità di volontari.  Per quanto riguarda la cucina, i ragazzi, volendo mangiare cibi africani, si organizzano tra loro per turnarsi ai fornelli.
Il servizio sanitario è basato su una convenzione con l’ASP. Presso i centri passano ogni settimana dei medici volontari per effettuare le visite e capire quali casi necessitano un trattamento ospedaliero e quali no.
L’assistenza legale resta il servizio più controverso. Vengono organizzati degli incontri con un avvocato volontario per spiegare ai richiedenti asilo i loro diritti, il significato del permesso di soggiorno, le varie tappe da seguire per ottenere quest’ultimo. Vengono anche organizzati degli incontri di preparazione al colloquio con la Commissione. A questi servizi accedono solo i ragazzi arrivati da più mesi. I cosiddetti “nuovi” (le persone giunte in Italia meno di due/tre mesi fa) non hanno ancora avuto accesso alle informazioni legali se non in modo parziale e informale, cioè grazie alle risposte fornite da operatori e volontari alle loro insistenti domande. Sia volontari che operatori, a volte però vengono colti impreparati o non sempre sanno parlare l’inglese e/o il francese per poter comunicare con gli ospiti delle strutture.
I CAS della Caritas sono quattro: nel centro storico (San Rosalia), a Giacalone, al Foro Italico (Punto Incontro Giovani) e a Falsomiele (San Curato d’Ars). Rispettivamente contano 60, 50, 29 e 20 posti per un totale di più di quasi 160 ospiti.
Tale cifra di solito viene superata nei giorni successivi gli sbarchi al porto di Palermo, quando nelle Chiese e nei patronati vengono aperte decine e decine di brandine messe a disposizione dalla Prefettura. La Prefettura delega infatti alla Caritas la primissima assistenza: la distribuzione di pasti, scarpe, vestiti, sapone; la messa a disposizione dei locali ove passare le prime notti e in cui lavarsi. A volte, sebbene queste strutture non siano pensate per poter accogliere decine di persone per più di 48h, i trasferimenti avvengono anche dopo una settimana. Successivamente allo sbarco della scorsa settimana, i 220 siriani sono stati portati in una struttura messa a disposizione dalla diocesi al Villaggio Ruffini. Questo stabile non è attrezzato per così tante persone e alcune docce sono collocate all’esterno e protette da una lamina di metallo. Per “fortuna” i siriani fanno parte di quelle nazionalità che non si trattengono nel territorio, come gli eritrei e i somali.
Secondo quanto stabilito dal documento del governo del 10 luglio, le “eventuali soluzione attivate in via d’urgenza dovranno avere un ruolo residuale e comunque tendere ai requisiti del modello SPRAR”. Nadia esprime chiaramente la sua perplessità quando le viene chiesto se i CAS della Caritas potranno assumersi il ruolo d’integrazione proprio degli SPRAR. Non ci sono risorse, mezzi e manca anche una preparazione professionale specifica.
In conclusione, possiamo affermare che la Caritas stia facendo del suo meglio per far per prendersi cura dei migranti, ma che allo stesso tempo le siano richiesti sforzi che vanno al di là delle sue effettive possibilità.


Carlotta Giordano
Borderline Sicilia