sabato 4 ottobre 2014

Domani i naufraghi siamo noi

Il 3 ottobre a Lampedusa  tra passerella politica e commemorazione.
"Chiuso per lutto. Nel silenzio e nel rispetto per i nostri fratelli morti nel mare di Lampedusa” si legge negli avvisi messi alle porte chiuse di alcuni  negozi a Lampedusa. Però è il silenzio che si fa mancare.

La protesta all’aeroporto

La gestione del 3 ottobre a Lampedusa dimostra tutto il paradosso e la complessità di quest’isola. La mattina alle 8:30 incomincia una protesta all’aeroporto. Sono arrivati diversi politici, tra di loro l’europarlamentare Martin Schulz, la presidente della Camera Boldrini e la ministra degli Affari Esteri, Mogherini. “Nessuna passarella rosso sangue sui nostri corpi”, “verità sul 3 ottobre”, “tutti i giorni è il 3 ottobre” si legge. Giustamente. Proprio oggi tutti questi politici dovevano venire a Lampedusa per farsi vedere con un gruppo di eritrei, parenti delle vittime e superstiti della strage? Associazioni lampedusane come Askavusa, ma anche molti altri, tra di loro proprietari di negozi e le persone che hanno salvato per primi in quella notte tragica, protestano contro l'ennesima farsa. Per questi Lampedusani non è soltanto il “fare una bella figura” dei politici: “Una giornata che doveva essere di silenzio e riflessione verrà utilizzata per propaganda politica e per attuare le strategie di militarizzazione e spettacolarizzazione dell'isola di Lampedusa. I lampedusani da decenni vengono calpestati nella loro dignità e i diritti che dovrebbero essere garantiti secondo la costituzione italiana vengono disattesi. Riteniamo che ci sia la volontà politica di mantenere bassa la qualità di vita a Lampedusa, per attuare in modo più semplice la completa militarizzazione e l´espropriazione dell'isola. Verranno infatti sostituiti i radar di Capo Ponente con due ancora più potenti ed è sotto gli occhi di tutti la quantità di strutture e corpi militari presenti sull'isola” si legge sul volantino. Dopo una lunga discussione quattro persone della protesta possono partecipare alla conferenza stampa in una sala dell’aeroporto. Alessandro Puglia, giornalista, descrive la scena sulla Repubblica:  “Noi abbiamo visto i morti, voi li avete uccisi, non dovete neanche nominarli le vittime della strage. E’ stato il collettivo Askavusa che da anni opera a Lampedusa a sostegno dei diritti dei migranti a organizzare la protesta contro la visita dei politici (…). Fuori dall’aeroporto mentre Schulz ha annunciato maggiori finanziamenti per il soccorso dei migranti a livello europeo la protesta è continuata al grido di ''Assassini, assassini'”. 
Anche Vito Fiorino, l’armatore della barca che il 3 ottobre 2013 ha salvato per prima 47 persone contesta la partecipazione. Sia il Comitato 3 ottobre sia il comune di Lampedusa/Linosa l' avevano invitato. Ma lui come tutte le altre persone che erano quella notta sulla barca sono delusi.  "Abbiamo vissuto dodici mesi nell’indifferenza, ora vogliamo silenzio", dice. Nessuno gli è stato vicino dopo il trauma di quella notte nella quale hanno visto morire tantissime persone. Nessuno li voleva sentire, né la sindaca, né le autorità, dicono. 






Tra protesta e commemorazione al porto

La protesta si sposta poi al porto commerciale dove le imbarcazioni della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera aspettano la sfilata dei politici, ma anche un gruppo di superstiti e parenti delle vittime per uscire sul mare. E' prevista una commemorazione sul luogo della strage. 

Poi la protesta continua al porto nuovo sul cimitero delle barche dove la RAI si è appostata proprio all’ingresso. Cercano soprattutto di disturbare le interviste che danno troppo spazio ai politici che dopo un anno ancora stanno dicendo che la morte in mare deve finire senza però cambiare le politiche migratorie, anzi, si parla anche qui del rafforzamento di Frontex, come questa fosse la soluzione.

Intanto quattro superstiti hanno perso la nave, e sono desolati. Questa è l’altra faccia della giornata. Parenti e superstiti che cercano di reggere a sentimenti tanto forti. Alla fine l’ultimo mezzo rimasto in porto delle Fiamme Gialle esce con loro per fargli buttare a mare i fiori portati. Per loro questo passo è importante.



Porto commerciale





 
Cimitero delle barche

Il corteo
Alle 5 del pomeriggio la piazza davanti alla chiesa si riempie, tante persone che normalmente non si vedono mai, tanti che sono qui per il festival SABIR, organizzato dall’ARCI, dal Comitato 3 ottobre e dal comune di Lampedusa/Linosa, proprio intorno la giornata del 3 ottobre. 
 Non mancano le polemiche per questo festival di “cultura e musica”, che è combinato con l’ennesima sfilata politica. Forze dell’ordine che stanno occupando un primo piano di una casa privata con vista ingresso chiesa, armati con binocolo e giubbotti antiproettili, chissà cosa temono. Dentro la chiesa l’arcivescovo di Agrigento celebra la messa per i morti. Di fronte la Lega Nord si è messa con un banchetto. La cosa strana e brutta: usano quasi le stesse parole per le proteste: “Basta sfilata di politici inutili, basta tasse e angherie, vogliamo istruzione-sanità-trasporti pulizia-energia pulita”.

La messa è finita e gli eritrei si radunano per il corteo che deve portare alla porta d’Europa per una messa celebrata dall'ormai famoso prete Don Mussie Zerai. Tanti partecipano, in prima fila gli eritrei, superstiti e famigliari, anche la sindaca Nicolini porta lo striscione. Tante polemiche negli ultimi giorni anche contro di lei che non ha nemmeno voluto partecipare al LampedusaInFestival dopo le critiche espresse da diversi gruppi e persone per l’invito dei VIP politici sull’isola proprio per il 3 ottobre.


Il cielo si apre - domani siamo noi i naufraghi

Sempre più fulmini accompagnano il corteo. Il cielo ormai si è trasformato in una massa minacciosa tra nero e blu scuro. Arrivando al porto vecchio cadono le prime gocce. Ma gli eritrei continuano a cantare, tranquillamente il corteo prosegue, e con loro ancora tante altre persone.

Arrivato alla Porta d’Europa Don Mussie Zerai incomincia la messa. L’acqua del mare sembra agitata per i morti inghiottiti, il cielo si apre e incomincia un diluvio tra fulmini e tuoni che sembrano mandare le grida dei morti e dei dispersi. Gli eritrei dicono che quando piove durante la commemorazione i morti mandano i messaggi. Tutti rimangono fermi in questa tempesta. Una scena agghiacciante e commovente.

Ormai si sono creati fiumi su tutte le strade, la pioggia non fa più vedere niente, si scivola e la sensazione di venire colpito dal prossimo fulmine è grande. Qualcuno passa, bagnato fradicio come noi, sorride e dice “domani i naufraghi siamo noi”. Ha ragione. Se non cambiamo velocemente questa politica che fa morire un giorno la pagheremo.

Gli eritrei sono contenti del corteo e della messa celebrata sotto un cielo che cercava di buttarci giù. Ma si chiedono se non sono stati strumentalizzati in questa giornata, così “grande” per i politici.


Judith Gleitze
Borderline Sicilia/borderline-europe