venerdì 15 maggio 2015

UNA SCELTA DI LIBERTA’ CHE NON SI PUO’ CONFINARE

In questi giorni la Commissione Europea ha adottato la tanto attesa agenda sulle migrazioni. Grande spazio è stato subito dato al potenziamento delle missioni di Frontex e alla lotta ai trafficanti di uomini, con la disposizione di nuovi finanziamenti e la pianificazione di operazioni di controllo costiero congiunto.
Sono state anche lanciate proposte per il trasferimento dei migranti tra diversi paesi europei ed il reinsediamento di quelli già presenti sul territorio, con protocolli attuativi da rivedere a fine mese. Per quanto riguarda invece il Regolamento Dublino, questione più che mai prioritaria vista la ripresa di massicci spostamenti, è stato solo ipotizzato un vago desiderio di revisione, risoltosi in sostanza in un nulla di fatto.
Nel frattempo i migranti non arrestano la loro marcia verso una terra migliore, e nella sola giornata di oggi sono stati ben due gli sbarchi che hanno interessato la Sicilia Orientale: ad Augusta, una delle imbarcazioni MOAS in collaborazione con il team di MSF, ha portato 477 profughi, mentre è una nave inglese quella che,sempre questo pomeriggio, è approdata al porto di Catania con 617 persone. . Centinaia di uomini, donne e bambini siriani, eritrei, somali, che proseguiranno verosimilmente il loro viaggio verso il nord, come i loro connazionali che li hanno preceduti. Ultimamente la loro fuga ha avuto una maggior attenzione anche dai media locali, godendo comunque di una visibilità ancora molto limitata e focalizzata sugli episodi di estrema violenza o sfruttamento. E’ questo il caso del gruppo di giovani di origine pakistana, etiope, eritrea e marocchina, che da mesi mettevano in atto veri e propri sequestri diconnazionali in fuga, chiedendo alle famiglie ingenti riscatti per garantire loro il passaggio verso il nord Italia. . O ancora il drammatico tentativo di fuga di un ragazzo nigeriano che, dopo aver acquistato un biglietto ferroviario per raggiungere Catania, viene denunciatonel corso di una lite furibonda con il controllore, per la paura di essereidentificato.  La propaganda mediatica si limita nei fatti a richiamare l’Europa alle proprie responsabilità nella gestione del fenomeno migratorio, senza denunciare ciò che avviene nel nostro Paese. La cosiddetta “macchina dell’accoglienza” , che si struttura intorno al vergognoso stato di emergenza perenne, si presenta ancora oggi infatti come un sistema disorganizzato, confuso e fuori controllo, dove è evidente la mancanza di volontà e di un vero cambiamento da parte delle istituzioni politiche e della gran parte degli attori coinvolti.
Intanto i migranti che arrivano in Italia,ma non vogliono restarci ,rimangono il bersaglio preferito di razzisti e benpensanti promotori di uno sterile assistenzialismo. Colpevoli di voler continuare, dopo aver rischiato la vita in mare, ad inseguire il luogo prescelto dove costruirsi un futuro. Colpevoli di non voler rimanere ammassati in centri di accoglienza improvvisati ma ricercare una tutela individuale. Colpevoli di nutrire sfiducia verso la capacità di accoglienza di un paese come il nostro che, mentre denuncia il traffico di esseri umani,ospita i superstiti dell’ultimo naufragio al Cara di Mineo, dove contemporaneamente si scopre l’esistenza di una cellula di trafficanti. Colpevoli di avere quella determinazione nel difendere il proprio diritto di libera scelta, che a noi spesso manca.
Nel piazzale antistante la stazione ferroviaria di Catania, si radunano ormai da settimane i profughi eritrei e somali che vogliono lasciare l’Italia. Arrivano da Siracusa, dopo essere sbarcati ad Augusta, da Pozzallo, da Palermo e addirittura dalla Calabria, aspettando stremati il passaggio migliore. Il capoluogo etneo si rivela essere quindi punto di snodo per i viaggi verso il Nord.“Per me la scelta non si pone nemmeno” dice D, che incontro a Siracusa all’inizio del mese. “Mio cugino vive in Inghilterra e io sono stato costretto a passare dalla Libia e prendere la via del mare per poterlo raggiungere. Quindi non mi fermerò certo in Italia”. La stessa fermezza contraddistingue i giovani eritrei che si accampano a Catania nei pressi della stazione: “Nessuno qui vuole fermarsi. Ci chiediamo solo come potercene andare nel modo più sicuro possibile” racconta O. a nome anche dei suoi compagni di viaggio, che non sanno l’inglese. “Non sappiamo ancora se riusciremo a prendere un autobus o un passaggio da qualcuno. Aspettiamo”. La massiccia presenza di migranti delle ultime settimane ha portato al collasso anche le strutture di primissima assistenza: presso l’ Help center della Caritas, situato accanto alla stazione, la distribuzione dei pasti gratuiti riesce a soddisfare a malapena tutti i presenti, così come la distribuzione di vestiario, e la possibilità di usufruire di docce e servizi. Poco più distante, nei pressi di Piazza Repubblica, la notte si accampano decine e decine di profughi, tra cui molte donne e bambini. Alcuni hanno fogli con nomi e numeri associati a diverse città italiane: Milano, Roma, Bologna. E tutt’intorno, si sa, si muove una rete di piccoli e grandi sfruttatori, pronti a chiedere somme enormi per attraversare lo stivale. Alcuni di loro probabilmente sono passati da situazioni simili qualche anno fa, ed ora cercano di risollevarsi sulla pelle dei connazionali che li hanno seguiti. “Sappiamo che in Italia non c’è posto per noi, e non possiamo permetterci di rischiare di rimanere anni fermi per nulla” ci confida C. “ Tanti fra noi hanno parenti o amici sparsi in Europa e vogliono raggiungerli. Ognuno deve poter decidere come vivere o sbaglio?”. Questa sarebbe la questione su cui dovrebbero lavorare le commissioni europee, ma anche stavolta una risposta in questo senso sembra non arrivare.

Lucia Borghi- Borderline Sicilia Onlus