sabato 2 maggio 2015

Newsletter SICILIAMIGRANTI - Aprile 2015

ü      Tra le migliaia di nuovi arrivi si consuma il piu’ grande naufragio di migranti nel Mediterraneo
ü      Il dramma della prima accoglienza.
ü      La mala gestione di un sistema che si traduce in violazione dei diritti
ü      La lotta continua di chi non puo' scegliere liberamente come costruirsi un futuro migliore


 TRA LE MIGLIAIA DI NUOVI ARRIVI SI CONSUMA IL PIU’ GRANDE NAUFRAGIO DI MIGRANTI NEL MEDITERRANEO

Sono migliaia i migranti arrivati sulle coste siciliane in questo mese, dopo essere passati dall’inferno libico ed aver corso il rischio sempre più alto della traversata in mare. Quasi ogni arrivo è infatti ormai accompagnato dalla notizia di chi non riesce a sopravvivere. All’inizio del mese sono sbarcati un centinaio di migranti a Messina, recuperati in mare insieme ad altri mille, tra cui un cadavere. Le persone arrivate sono state inviate temporaneamente anche all’ex caserma Bisconti, riaperta dopo mesi
altri sono arrivati a Porto Empedocle, smistati frettolosamente nei centri di prima accoglienza vicini già al massimo della capienza
mentre arrivava la notizia di altri morti, partiti su un barcone rovesciatosi al largo della Libia
I numeri delle vittime aumentano, e i migranti che si salvano riportano storie di traversate sempre più agghiaccianti, tra cui quella del cadavere gettato in mare e finito in pasto agli squali
Mentre i media invocano ancora una volta l’ennesimo ed ingiustificabile stato di emergenza, a metà mese si registrano più di mille arrivi solo nel giro di due giorni. Alcuni degli 585 sbarcati a Trapani,  sono stati trasferiti addirittura al Cie di Milo
mentre altri 893 hanno raggiunto i porti di Augusta e Pozzallo, con trasferimenti nei centri limitrofi, tra cui il CARA di Mineo, e solo in minima parte fuori dalla Sicilia
Pochi giorni dopo, la notizia del più grande naufragio di migranti nel Mediterraneo. Si parla di circa 850 dispersi nelle terrificanti ricostruzioni date dai 28 sopravvissuti che, insieme a loro, non hanno avuto altra scelta che affidarsi alla via del mare e sperare nella sorte per i soccorsi. Davanti ai grandi numeri della tragedia, dopo il cordoglio ipocrita delle istituzioni, il vertice europeo elabora come soluzione il rafforzamento di Triton e neanche stavolta viene fatto un accenno all’apertura di canali regolari per l’ingresso in Europa. Un’Europa che ha sempre più responsabilità dinanzi alle stragi prevedibili come questa
Nel frattempo, l’arrivo dei profughi non si arresta. Mentre i media sono focalizzati sulle indagini dell’ultimo naufragio, in diverse centinaia sono sbarcati ad Augusta, Pozzallo e Catania, trasferiti, questi ultimi, anche su blindatissimi autobus di linea, che hanno attraversato la città scortati dalle forze dell’ordine in un triste corteo.

IL DRAMMA DELLA PRIMA ACCOGLIENZA

I  numerosi e prevedibili arrivi di migranti, sempre più allo stremo, trovano il sistema di prima accoglienza ingiustificabilmente sempre più impreparato. Con la solita scusa dell’ emergenza, che purtroppo riesce ancora a fare presa sulla maggior parte dell’opinione pubblica, i migranti vengono trasferiti direttamente dal luogo di approdo in centri al limite della capienza. La prima conseguenza è un peggioramento notevole delle condizioni di vita degli ospiti e le proteste di chi attendeva da tempo l’accoglienza, come al Cara di Pian Del Lago
Sempre a Pian Del Lago, una coppia di migranti anziani viene lasciata per più di un giorno ad attendere una sistemazione fuori dal Cara, senza nessun tipo di assistenza. Una prova tangibile dell’intollerabile gestione dei trasferimenti.
Le istituzioni si complimentano con la task force dei servizi agli sbarchi, mentre ciò che segue l’approdo non fà mai notizia. Trasferimenti che non tengono conto delle necessità e non rispettano le dovute condizioni di tutela, come nel caso del bimbo di due anni lasciato per 15 giorni a Lampedusa, prima di poter avere una sistemazione adeguata
o nel caso dei migranti inviati in centri gestiti al ribasso e già noti per la situazione di totale abbandono in cui vengono lasciati gli ospiti. La “macchina dell’accoglienza” sembra troppo spesso interessarsi solo della mera sopravvivenza dei migranti, che consenta ai gestori di garantire l’apertura dei centri.
E’ evidente la volontà di continuare a pensare per grandi numeri, quando i nuovi arrivati vengono inviati in strutture già al limite. E tra i grandi numeri è facile scomparire, perdendo il proprio diritto di assistenza e tutela individuale, e poter ricominciare a vivere nel luogo di approdo.
Fortunatamente c’è anche chi controbatte alle promesse vuote e ai fomentatori di “guerre fra i poveri” con dei gesti concreti. Al mercato rionale di Ballarò, a Palermo, un gruppo di ambulanti regala spontaneamente della merce ad alcuni migranti di passaggio in bus, dando una lezione di umanità e solidarietà vera a chi spesso parla di accoglienza senza averne alcuna cognizione
In concomitanza con lo sbarco dei superstiti dell’ultimo naufragio, a Catania viene indetto un presidio al porto da un comitato unitario antirazzista cittadino. Si sostiene una politica dell’accoglienza e della gestione del fenomeno migratorio che cominci dalla tutela del diritto alla vita.


LA MALA GESTIONE DI UN SISTEMA CHE SI TRADUCE IN VIOLAZIONE
DEI DIRITTI
Mentre si invoca l’ennesimo stato di emergenza, da mesi, se non anni, restano in funzione comunità e centri di accoglienza privi dei requisiti necessari. A Giarre, due comunità per minori stranieri non accompagnati, dichiarate non idonee per essere iscritte all’albo da diverse ispezioni dei Servizi Sociali, continuano a riceve i pagamenti dal Comune di Catania. L’amministrazione, interpellata su questo punto, si giustifica dicendo che l’elevato numero di arrivi non ha permesso un controllo più severo sui gestori. Concretizzatosi in un totale disinteresse per la qualità della vita dei migranti ospitati. 
Spesso la mala gestione investe anche gli operatori dei centri, costretti a lavorare gratuitamente per mesi, come i dipendenti dell’ex ipab Regina Elena di Catania, che reclamano ben 16 mensilità arretrate. Sono “solo” quattro i mesi di stipendio mancanti ai dipendenti delle cooperative Il Sorriso e San Francesco, operanti nello Sprar di Vizzini e facenti parte del grande gruppo del Sol.co, e questo nonostante il comune abbia già girato i rimborsi all’ente gestore. Diventa facile prevedere le ricadute di tutto ciò sulla qualità delle prestazioni e sulle condizioni di vita all’interno dei centri.
Tra i tanti nodi e imbrogli del sistema d’”accoglienza”, ricade anche il grande flop delle nuove commissioni territoriali: costose, istituite con personale spesso da formare e non ancora operative. Nel frattempo i migranti appena arrivati si aggiungono a quelli già stipati in centri sovraffollati, dove tra il malcontento degli operatori e situazioni proibitive di convivenza, viene sempre più a mancare la tutela e il supporto individuale, e i profughi diventano facilmente manodopera appetibile per ogni tipo di sfruttamento
A Pergusa, una frazione di Enna, circa cento migranti alloggiano in un Cas e solo un quinto di loro ha ricevuto la convocazione in Commissione. I continui trasferimenti e la mancanza di un’assistenza legale ha fatto sì che queste persone, arrivate ben nove mesi fa, siano ancora in attesa di un minimo avanzamento della loro procedura. L’esasperazione dei migranti è a dir poco legittima, e porta ad una sfiducia sempre più radicata verso un possibile futuro in Italia e una gestione dell’accoglienza palesemente fallimentare.
L’arrivo al nuovo Cas di Cava d’Aliga, nel ragusano, ha invece coinciso con una velocizzazione della richiesta di documenti per una trentina di profughi pakistani, prima stanziati nei pressi del Cara d Pian Del Lago. Se in questo nuovo Cas, situato in un ex B&B, i migranti possono trovare un’assistenza legale e sanitaria, quello che manca è però la possibilità di interagire facilmente con l’ambiente circostante, visto che la struttura è situata ben al di fuori della piccola frazione. Come se il diritto di potersi integrare nella società di approdo, fosse un lusso che può passare sempre in secondo piano.

LA LOTTA CONTINUA DI CHI NON PUO’SCEGLIERE LIBERAMENTE COME
COSTRUIRSI UN FUTURO MIGLIORE
I profughi che prendono la via del mare sanno di rischiare la vita ma, a volte, possono contare sulla solidarietà di amici e connazionali che li hanno preceduti. Un gruppo di somali, partiti dalla Libia, riesce ad allertare per tempo i soccorsi grazie al contatto avuto da amici, chiamando il telefono di allarme attivato dal progetto Watch The Med. Una rete di solidarietà che agisce concretamente affinchè finalmente non ci siano più morti in mare.
Le lotte da fare per raggiungere il luogo in cui si vuole riscominciare a vivere, continuano per molti anche dopo l’approdo. Un gruppo di migranti siriani,sbarcati a Pozzallo ed intenzionati a salire verso il Nord Europa, hanno rifiutato di completare la procedura di identificazione, che li avrebbe vincolati all’Italia per l’ottenimento dei documenti. L’ennesima dimostrazione dell’inattuabilità del regolamento Dublino e dell’urgente necessità di una sua revisione. Nei momenti di tensione creatisi all’interno del CPSA pozzallese, a quanto testimonia l’attivista marocchina Nawal Soufi e una reporter di Al Jazeera sul posto, le forze dell’ordine avrebbero fatto uso delle forza per costringere i profughi ad espletare la procedura
L’improrogabilità di un ripensamento delle politiche di accoglienza e gestione del fenomeno migratorio, viene ben rispecchiata dalla situazione della città di Messina. Qui transitano o sostano per brevi periodi molti dei migranti che hanno tentato o stanno per organizzare la fuga verso il nord. In un sistema caratterizzato perlopiù da strutture di accoglienza al collasso e con gravi casi di promiscuità tra soggetti vulnerabili e non, migranti abbandonati a sè stessi diventano altamente ricattabili e facilmente recrutabili da trafficanti di ogni genere. Anche l’associazione Penelope, che da anni si occupa di tratta, sfruttamento e traffico di esseri umani, indica la creazione di reti di supporto e la connessione tra le diverse realtà associative sul territorio, come punto di partenza indispensabile per fornire ad ogni soggetto quella tutela individuale che dimentiachiamo essere un sacrosanto diritto.


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