mercoledì 22 giugno 2016

Sicilia occidentale: una settimana infernale

Foto di Alberto Biondo


Durante la settimana appena trascorsa, la nostra attenzione si è rivolta non soltanto agli sbarchi di Palermo, Porto Empedocle, Trapani e nuovamente Porto Empedocle, ma anche e soprattutto alle numerose richieste di aiuto arrivate dalle province della Sicilia occidentale, interessate oltre alle alte temperature meteorologiche, anche dall'incuria, l'abbandono e la disperazione che rendono il loro soggiorno in Italia ai migranti un inferno.
Ma andiamo per ordine: per primo lo sbarco di Palermo del 13 giugno in cui sono arrivate 322 persone (sulla nave spagnola Rio Segura), dove la Questura, insieme a Frontex andava a caccia di presunti scafisti: "dovete portarmene almeno tre" sono le parole di un funzionario di turno! Alla fine sono stati 7 i presunti scafisti individuati (6 egiziani e 1 etiope) e tre i testimoni. Un altro personaggio esordiente, stavolta un giovane medico dell’ASP di Palermo, ha pensato bene di sostituirsi all’autorità giudiziaria: "questo è scafista, quindi non ha niente [ndr, nessun problema di salute], lo possono portare via"; e di fornire consigli sulla profilassi agli autisti dei bus usati per il trasferimento delle persone appena sbarcate: "questi sono pericolosi, ci stanno ammalando!". E dire che i migranti, che hanno trascorso 7 giorni in mare (dall'Egitto a Palermo), erano arrivati al porto di Palermo sorridenti e felici, applaudendo all’attracco della nave. Ma non appena hanno visto lo schieramento di Polizia, Guardia di Finanza e Frontex hanno smesso di salutare, capendo probabilmente che il loro martirio non era finito.

Tantissimi i giovani, giovanissimi, che hanno fatto spola tra la questura, dove sono stati identificati, e le comunità per minori, in eterna crisi economica a causa del ritardo nei pagamenti da parte dei comuni. Gli stessi minori che al compimento della maggiore età saranno, nella maggior parte dei casi, abbandonati per strada perché alle comunità alloggio per minori non interessa tenerli (meglio merce fresca che garantisce duraturi introiti) e li mette alla porta senza aver prima trovato una soluzione alloggiativa alternativa adeguata. I neomaggiorenni, vittime di una mancanza di programmazione e di cattive gestioni (portate avanti non certo nell’esclusivo interesse del minore), sono facili prede delle reti della malavita, finendo sfruttati e abusati.

Anche a seguito di una recente circolare ministeriale, indirizzata alle Commissioni territoriale, nel nostro sistema di protezione è stata scardinata la prassi secondo la quale veniva concesso in automatico ai minori quantomeno un permesso per motivi umanitari, anche se questi sarebbero diventati da lì a poco maggiorenni, col risultato (anche in questo caso) di essere messi alla porta al compimento dei 18 anni con in mano un diniego di protezione e nessuna possibilità, se non di essere intercettati da qualche associazione di volontariato.

Il sistema di accoglienza italiano, così congeniato, contribuisce a rendere la vita di adulti e minori un inferno: il problema della carenza di posti nei CAS spinge gli enti gestori ad utilizzare i provvedimenti di revoca dell'accoglienza in modo strumentale e con procedure più celeri del passato. Com’è accaduto la scorsa settimana a Trapani, dove 11 migranti sono stati allontanati dal Cas “Villa Santandrea” gestito da Badiagrande, a Valderice. Queste persone, dopo essere state trasferite da un centro ad un’altro, sono arrivate a Valderice dove hanno trascorso più di un anno senza far niente, in un limbo infernale, sotto il ricatto di non ricevere più sigarette e pocket money alla minima lamentela. Gli 11 migranti, esasperati dalla condizione inaccettabile alla quale erano stati condannati, sono stati scaricati alla stazione di Trapani, dove sono stati intercettati dalla Croce Rossa e grazie a questa hanno raggiunto Palermo per continuare il loro viaggio della speranza "al buio".

Un sistema dunque che crea invisibili, e che rende la clandestinizzazione legge senza logica, ma con obiettivi precisi cioè mantenere il livello di emergenza alto in modo da agevolare gli investimenti poco puliti e i professionisti del business dell’accoglienza.

Soltanto così si può spiegare il fatto che dal 25 maggio scorso il Ministero non dia l’autorizzazione alla prefettura di Trapani ad effettuare i trasferimenti dall'hotspot di Milo, in cui ad oggi si trovano più di 200 persone (tra cui donne e una ventina di minori), tutte identificate, illegittimamente trattenute: tutto a vantaggio delle casse della gestione di Badiagrande.

La stessa situazione si verifica a Lampedusa, dove fino a ieri nell’hotspot (in parte non agibile a seguito dell’incendio di metà maggio) si trovavano 322 persone, di cui 77 minori (alcuni al di sotto dei 13 anni) e tante donne, in condizioni di assoluta promiscuità. Stamani sono stati trasferiti 145 persone (molti minori accompagnati e non e le donne) arrivati sull’isola tra il 27 e il 29 maggio. Destinazione sconosciuta tranne che per poche decine di uomini adulti che saranno collocati nell’hub dell’agrigentino (Villla Sikania). A Lampedusa i migranti stanno molto più dei tre/quattro giorni previsti dalla legge. Ad oggi ci sono persone arrivati il 30 aprile scorso e minori presenti sull’isola da metà maggio. Qualunque struttura privata sarebbe stata chiusa e i responsabili arrestati, invece lo Stato continua a delinquere, facendo pagare un prezzo salato ai migranti costretti alla galera a cielo aperto, con le Misericordie (ente gestore in proroga, visto che l’ultimo bando è stato bloccato per problemi amministrativi e burocratici) che ci guadagnano.
 
Foto di Alberto Biondo
A “Villa Sikania” la situazione non cambia. Da più di due mesi si era registrata la presenza di circa trecento persone, a causa della mancanza di trasferimenti. Ma come per magia, in coincidenza dello sbarco a Porto Empedocle e a Trapani il Ministero trova centinaia di posti in altre regioni d'Italia per i migranti (specialmente subsahariani) presenti nell’hub di Siculiana, per fare posto agli arrivati, ai quali domani si sommeranno le poche decine di eritrei provenienti da Lampedusa. Anche nell’hub regionale, l’unico, la cooperativa Cometa (collegata all’associazione agrigentina Acuarinto), guadagna grazie a scelte politiche inadeguate a salvaguardare la vita e la stabilità delle persone.

Persone vittime di guerra, odio in patria, egoismi e avidità in giro per il mondo, che oltre a vedere la morte da vicino (negli ultimi due sbarchi a Porto Empedocle del 14 e 17 giugno, sono arrivate 3 salme) sono costrette a rinunciare a vivere, cercando di sopravvivere nei centri di “non accoglienza” oppure per strada, come 4 egiziani che nei giorni scorsi sono stati respinti dalla questura di Agrigento e lasciati alla stazione.

Questo è l’inferno che vivranno anche i 111 migranti sbarcati lo scorso 17 giugno ad Agrigento e i 440 collocati nei giorni scorsi nell’hotspot di Trapani. E non si sa per quanto tempo né perché, visto che non c'è nulla di chiaro in questo sistema.

Alberto Biondo
Borderline Sicilia Onlus