mercoledì 13 agosto 2014

IL PALASPEDINI DI CATANIA RIEMPITO E SVUOTATO IN 24 ORE

A seguito dello sbarco avvenuto ieri pomeriggio a Catania, i 282 profughi tratti in salvo dal pattugliatore Borsini della Marina militare sono stati trasferiti, intorno alle 17 dello stesso pomeriggio, al Palaspedini di Catania in attesa di essere smistati verso altri centri della Sicilia orientale. Si è trattato però di una permanenza lampo, come posso constatare di persona appena arrivo allo stadio, intorno alle 10.30 di questa mattina.
Da subito noto una vettura dei Carabinieri parcheggiata nel piazzale e tutt’intorno intere famiglie di Siriani che si salutano e si spostano con i propri bagagli, poche provviste e qualche peluche nelle mani dei più piccoli, verso via Giuseppe Fava. “Dove state andando?” chiedo a due donne che mi guardano sorridenti, “a Milano, tutti a Milano!”. Direzione stazione. Sono organizzati, sembra che sappiano già dove andare. “Noi non li possiamo fermare”, mi spiega uno dei militari dell’Arma, “non hanno fatto richiesta d’asilo e non sono intenzionati a farla, almeno non qui”. L’esodo delle famiglie siriane verso il nord Italia e poi il nord Europa, d'altronde, è ormai da qualche mese una prassi consolidata, tanto che alla stazione centrale di Milano sono stati stanziati dal Comune due banchetti di accoglienza recanti la scritta “Emergenza Siria”. La stazione di Catania, infatti, si riempie periodicamente di cittadini siriani che attendono di prendere il treno diretto alla capitale meneghina, come ho potuto constatare di persona ieri nel tardo pomeriggio parlando con alcuni uomini distesi nel prato antistante la stazione e sbarcati a Pozzallo qualche giorno fa.
Il palazzetto dello sport è quasi totalmente vuoto al suo interno: le ultime famiglie stanno raccogliendo i propri oggetti personali, salutano i volontari e cercano di convincere i bimbi più stanchi a proseguire il cammino. Vengo fermata da un ragazzo siriano, mi guarda disperato, sua sorella è incinta ed è stata trasferita ieri in un ospedale e poi in una struttura nel quartiere catanese di Zia Lisa, ma nessuno ha spiegato loro come raggiungerlo. Non possono partire senza di lei. Riesco a dare qualche informazione con l’aiuto di un operatore del Cara di Mineo, presente sul posto in qualità di interprete. Il giovane mi spiega che già da ieri sera una quarantina di persone ha lasciato il Palaspedini, tra di loro anche alcuni cittadini somali e gambiani che avrebbero dovuto essere trasferiti al Cara di Mineo.
Esco dal palazzetto insieme agli ultimi rimasti, all’interno solo materassini sparpagliati e bottiglie d’acqua vuote.

Beatrice Gornati
Borderline Sicilia Onlus